Tagliato del 50% il programma straordinario di manutenzione stradale per il periodo 2025-2036

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in una nota inviata lo scorso 19 maggio all’Upi, l’Unione Province italiane, nonché ai presidenti delle Città metropolitane, ha informato di aver tagliato di quasi il 50% l’ammontare complessivo dei finanziamenti previsti per il programma straordinario di manutenzione delle strade provinciali, programmato su un periodo di tempo che va da quest’anno al 2036.
La causa? Fonti del Ministero hanno fatto sapere che la decisione è stata determinata da un aggravio dei costi previsti per il completamento dei lavori sul Terzo Valico, la linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Genova con Tortona, e di altre opere riguardanti la viabilità del capoluogo ligure.
Più in particolare, a livello nazionale, il finanziamento scenderà dagli iniziali 1 miliardo e 300 milioni di euro a 660 milioni per il quinquennio 2025-2029, mentre per il periodo che va dal 2030 al 2036 di passerà da un finanziamento di 2,8 miliardi a 1,7.
Questo avrà conseguenze, in proporzione, anche sui finanziamenti destinati alle province pugliesi, per le quali ad esempio, per il periodo 2025-2029, si passerà da 88 a 45 milioni complessivi.
Immediata è stata la presa di posizione da parte dell’Unione Province italiane, così come dalle organizzazioni datoriali dei costruttori, a partire da Ance, tutti concordi nell’affermare come tale decisione rappresenti un grave pericolo, tanto per la sicurezza stradale, quanto a livello di costi sociali, perché molte imprese si troveranno a dover licenziare o a non poter più assumere operai.
Il presidente di Ance Puglia, Gerardo Biancofiore, ha rilevato peraltro gli allarmanti dati riguardanti le strade provinciali pugliesi, sulle quali avvengono già ora più incidenti mediamente rispetto al resto del Paese, facendo capire quali siano i rischi cui si va incontro con questo definanziamento.
A essere colpito evidentemente dalle proteste più di tutti il ministro Matteo Salvini il quale, della sicurezza stradale, anche con l’intervento che ha rivisto le norme del codice della strada, ha sempre fatto una bandiera. “Farò il possibile per ripristinare il finanziamento originario”, ha dichiarato, sperando evidentemente che il suo compagno di partito, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, possa allargare i cordoni della borsa.
Il punto, tuttavia, è sempre lo stesso. Fin quando la coperta sarà corta, le scelte dolorose saranno inevitabili, finendo col compromettere anche capitoli di spesa essenziali, come la sanità e la sicurezza stradale, con inevitabili ricadute anche occupazionali.
C’è quindi ben poco da gloriarsi, come fanno i rappresentanti di un governo autodichiaratosi “sovranista”, per i giudizi positivi delle agenzie di rating sulla sostenibilità del debito italiano, se questo poi significa applicare politiche di austerità. Nulla da diverso da quanto accaduto in realtà dall’inizio degli anni ’90, con i governi di entrambi gli schieramenti.
Proprio l’arretratezza delle infrastrutture italiane sarebbe l’occasione per un grande piano di investimenti pubblici, in grado di creare direttamente, e indirettamente, possibilità di sviluppo, a patto di poter agire in maniera anticiclica, invece che assecondando un quadro già asfittico, nel quale l’unico comparto che si è deciso debba prosperare è quello delle energie rinnovabili.




