Legge regionale sul salario minimo impugnata dal Governo: la CGIL non ci sta.

Sono passate due settimane dalla notizia dell’impugnazione, da parte del Governo della Legge regionale della Puglia n.30 del 21 novembre 2024, che istituiva un salario minimo di 9 euro all’ora negli appalti emanati per conto dell’ente regionale.
Una misura verosimilmente ispirata dalla volontà del governatore Michele Emiliano di tenere più stretta l’alleanza, spesso piuttosto instabile, con il Movimento 5 Stelle, che ha fatto di una legge nazionale sul salario minimo uno dei propri cavalli di battaglia.
Il Governo, nel quale l’area ordo-liberista evidentemente prevale su quella della tradizionale destra sociale di discendenza Missina, ha invece avuto da ridire sulla normativa, e siccome la stessa aveva evidentemente bisogno di essere controfirmata dal ministero dell’Economia, essa si è al momento arenata.
La CGIL interviene duramente sull’azione ostativa realizzata dal Governo, e lo fa alla luce proprio degli ultimi dati economici relativi al 2023 i quali, pur assegnando alla Puglia, e a tutto il Mezzogiorno, una crescita percentuale del Prodotto Interno Lordo, ed anche del numero degli occupati, maggiore nello stesso anno di quella realizzata dalle regioni centro-settentrionali, evidenziano pure come il reddito disponibile per le famiglie sia la metà di quello delle regioni settentrionali.
“C’è un Paese che arretra sul piano economico e industriale, c’è un lavoro che vede sempre più salari da fame e con i redditi erosi dall’inflazione, c’è una povertà in aumento, e la priorità di questo Governo è impugnare la legge della Regione Puglia che introduce un minimo salariale”, il commento della segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci.
“Abbiamo da poco presentato – aggiunge Bucci – dati che descrivono il mercato del lavoro nella nostra regione, caratterizzato da precarietà, fortissima stagionalità e da bassi salari. Con quasi 180mila domande di Naspi nel 2023, il cinquanta per cento in più rispetto al 2021. In questo scenario il Governo, dopo aver negato anche solo una discussione parlamentare sul salario minimo, quando sceglie di intervenire sul lavoro lo fa solo peggiorando la condizione di lavoratori e lavoratrici”.
La contraddizione fra aumento degli occupati e crescita del Pil da una parte e reddito medio non soddisfacente dall’altra dipende, secondo Valerio Elia, professore di Economia per UniSalento, dal fatto che si tratta per la buona parte di posti di lavoro in settori con scarsa o nulla innovazione, magari precari o intermittenti, come accade nel turismo, quindi poco pagati.
Sono i risultati di un Meridione nel quale il settore terziario sta diventando insomma, per tanti, l’unica possibilità d’impiego. Ma è un cane che si morde la coda: più scende il livello delle competenze medie richiesto, più il territorio diventa meno attrattivo, più i giovani vanno via, più il Meridione è destinato a diventare soltanto una terra nella quale trascorrere le vacanze, di lusso o meno.




