Per l’ASL è una fedifraga”: L’avvocato la insulta in aula per negarle il risarcimento | VIDEO CHOC
In questa intervista esclusiva realizzata dal Direttore di Puglia Press, Antonio Rubino, l’Avvocato Eleonora Coletta racconta una vicenda che ha segnato la sua vita e che getta una luce inquietante sul funzionamento della giustizia e sulla gestione della difesa legale da parte dell’ASL di Taranto. Eleonora Coletta è una donna che ha dovuto affrontare una duplice tragedia personale: la morte del padre e quella del marito. Due lutti devastanti, che l’hanno spinta a intraprendere un’azione legale contro l’ASL di Taranto per presunti errori e responsabilità sanitarie. Ma quella che doveva essere una battaglia per ottenere giustizia e verità si è trasformata in un processo di umiliazione e delegittimazione personale. Nel corso del procedimento, infatti, la difesa dell’ASL di Taranto, nella persona del proprio legale, ha messo in atto una strategia tanto brutale quanto discutibile: screditare la figura della donna, non sul piano legale, ma su quello umano e morale. Nel tentativo di negarle ogni forma di risarcimento, l’avvocato dell’ASL ha utilizzato un linguaggio e delle insinuazioni che hanno scandalizzato chiunque fosse presente. Eleonora Coletta è stata pubblicamente definita “fedigrafa”, termine giuridico che equivale ad accusare una donna di infedeltà coniugale, insinuando una vita privata libertina, fuori dagli schemi della morale comune. Un attacco frontale non solo alla sua persona, ma alla dignità di ogni donna che subisce la perdita dei propri cari e che, oltre al dolore, deve affrontare un ulteriore peso: l’accusa infamante di essere “poco di buono” per non meritare giustizia. Nell’intervista, Eleonora ripercorre con lucidità e amarezza quel momento in aula, il silenzio imbarazzante di chi ascoltava, la difficoltà di reagire quando il tuo dolore viene strumentalizzato e trasformato in un pretesto per negarti ciò che ti spetta. L’ASL di Taranto, anziché concentrarsi sulla ricostruzione dei fatti e sulle eventuali responsabilità mediche, ha scelto di portare l’attacco sul terreno più vile: la vita privata della vittima. Questa strategia difensiva, che nulla ha a che vedere con il merito della causa, rivela un metodo processuale che punta non sulla verità, ma sulla demolizione morale dell’avversario. Eleonora Coletta spiega come, in quel momento, abbia compreso che la sua battaglia non era soltanto legale, ma anche culturale: una lotta contro un sistema che tende a svilire, marginalizzare e umiliare chi osa chiedere giustizia. A seguito di questa esperienza dolorosa, Eleonora ha deciso di raccontare tutto nel libro “Canale Terminale”, un’opera che non è solo la cronaca di un processo, ma un atto di denuncia verso una macchina giudiziaria che troppo spesso dimentica il rispetto della persona e che tende a trasformare le vittime in imputate. Nell’intervista con Antonio Rubino, emerge con forza il senso di solitudine e di impotenza che l’avvocato Coletta ha provato durante il processo. Non è facile, per nessuno, trovarsi in un’aula di tribunale e sentirsi colpiti nella propria dignità di madre, figlia, professionista e donna. Ma ancora più difficile è accettare che a colpire siano proprio le istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini: in questo caso, l’ASL di Taranto.
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