Taranto – Ex ILVA, “Liberi e Pensanti” dura stoccata a sindacati e politica. “Cittadini e operai non sono deficienti”
Non le mandano a dire utilizzando espressioni che non possono essere equivocate. Il Comitato dei cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti intervengono con una nota stampa al vetriolo all’indomani dello sciopero indetto da quasi tutte le sigle sindacali – mancava solo FIM CISL – dopo che Acciaieria d’Italia ha messo alla porta numerose aziende dell’appalto e dell’indotto. Migliaia di posti di lavoro a rischio.
Un dura tirata di orecchie a sindacati e istituzioni che vi riproponiamo pedissequamente.
IL COMUNICATO A MEZZO STAMPA
SCIOPERO – LO STRUMENTO SVENDUTO
Quello che sta accadendo a Taranto è gravissimo, per le migliaia di posti di lavoro perennemente a rischio, per la mancanza storica di un piano politico a difesa dell’intera comunità e del territorio, per il danno ambientale e sanitario che si perpetra da decenni, per chi è già morto “di” e “per” quel lavoro.
Ma quello che è più grave e vergognoso è la spudoratezza con cui i sindacati e le istituzioni fingono, periodicamente, di scoprire la mancanza di sicurezza fisica ed economica, la precarietà in cui vivono delle famiglie, la pericolosità del degrado a cui loro hanno portato il siderurgico, senza alcuna volontà di impedirlo.
Lo sciopero è stato derubricato a una formalità da revocare al primo appuntamento a tavoli che non ha mai prodotto un accordo a tutela della città. In dieci anni non si è vista una mobilitazione come quella imbastita ieri neanche per uno dei nove infortuni mortali. Vero è che la stampa sempre compiacente ha omesso di precisare che a portare a termine la protesta non c’erano neanche tutti i delegati.
Com’è possibile che cittadini e operai credano a chi oggi parla di “mandare via a pedate Arcelor Mittal” dopo aver firmato, nessuno escluso, un contratto capestro nel 2018 mentre provavamo in tutti i modi a metterli in guardia?
Abbiamo fatto irruzione nelle assemblee da cui eravamo esclusi, affinché ai lavoratori arrivassero tutte le informazioni necessarie sul nuovo padrone, noto in tutto il mondo come predatore. Oggi un nuovo referendum per cacciare quel padrone viene proposto da chi con un referendum lo ha voluto. Non siamo qui a ricordarlo per vestirci di un prevedibile “l’avevamo detto” ma per chiedere a cittadini ed operai di smettere di farsi trattare da deficienti. Quando appena nemmeno due mesi dopo il suo insediamento la Morselli minacciò di spegnere tutto, nessuno di quelli che oggi vogliono mandarla via ha parlato per dirle che un affittuario non può spegnere niente bensì gli stessi commissari straordinari, quello Stato che ora viene invocato, ricorsero alla magistratura perché le istanze di Mittal venissero assecondate.
Chi invoca oggi la nazionalizzazione ha fatto di tutto per non far andare via il privato, dimentica che lo stabilimento è in mano allo Stato dalla data del commissariamento, dimentica che lo Stato in questi decenni ha continuato a produrre leggi diverse per Taranto e per Genova, a partire dall’incompatibilità dell’area a caldo con la vita umana solo per gli umani di terra ligure mentre a noi ha riservato la favola della decarbonizzazione.
Per chi ha voglia di recuperare la memoria ci sono articoli, cronache giudiziarie e testimonianze custodite dal web, nonostante l’informazione pilotata ad ogni livello. Ci si può imbattere nelle sigle sindacali che si sono fatte pagare lo sciopero “massiccio” del 2012 o nello schieramento delle forze dell’ordine schierate il 2 Agosto per impedire agli operai di parlare. Oppure ci si può divertire sulle montagne russe delle dichiarazioni di regione e comune, a seconda delle stagioni politiche. C’è solo l’imbarazzo della scelta.
È la città che deve scegliere se dare credito al sindaco che ha accolto a braccia aperte lo straniero, felice del “capitalismo quotato in borsa”, pago di due giostrine a Natale e qualche giro omaggio per i bambini, che nel frattempo hanno continuato ad ammalarsi. Invocare un’Ilva italiana è solo la conferma di non aver mai voluto chiudere l’area a caldo come l’ambientalismo tarantino ha finto di credere per perseguire obiettivi circoscritti allo sviluppo personale.
Vedremo, d’altronde, quale sarà la risposta di chi nel 2012 e nel 2013 si scagliava ferocemente contro la stessa nazionalizzazione che oggi sembra mettere d’accordo tutti.
Noi restiamo convinti che nessuno voglia davvero cambiare la storia già annunciata, scritta per il profitto e a cui solo il mercato potrà apporre la parola Fine.