Taranto – Al “Follemente festival” un cortometraggio realizzato dai ragazzi del centro diurno psichiatrico di Sava
TARANTO – Al “Follemente festival” nella città di Teramo, verrà presentato in anteprima un cortometraggio realizzato dai ragazzi del Centro Diurno insieme al regista Mirko Dilorenzo attraverso l’utilizzo di tecniche riabilitative (scrittura creativa) gestite dallo Psicoterapeuta dott. Nicola Simeone affiancato dall’equipè del Centro.il tutto patrocinato dalla Asl Taranto Direttore Generale Dott.Avv. Stefano Rossi. Il cortometraggio è frutto di un lavoro pluriennale che coinvolge gli tenti del centro diurno psichiatrico di Sava. Il percorso nasce dal “Gruppo Terapeutico Emozionale” svolto presso il centro e che ha come obiettivo quello di alfabetizzare dal punto di vista delle emozioni pazienti con gravi patologie psichiatriche.
Attraverso la scoperta di diverse modalità relazionali e di come manifestare i propri stati emotivi è stato creato un piccolo manuale condiviso su come essere coerenti tra come ci si sente e come ci si relaziona.
Il passaggio successivo è stato quello di creare delle piccole scene di vita quotidiana, cercando di rendere di chiara lettura emozioni quali gioia paura interesse preoccupazione.
I pazienti del centro spontaneamente hanno iniziato ad arricchire queste semplici trame con altri elementi caratterizzanti trasformando gli esercizi in vere e proprie sessioni di teatro di improvvisazione.
Contattando un regista esperto, con la collaborazione delle educatrici e dello psicoterapeuta del centro è stato stilato un primo progetto che coinvolgesse diversi laboratori attivi presso il centro.
Tutto quello che vedrete nel cortometraggio è frutto del lavoro degli ospiti del centro!
Il copione è frutto di un laboratorio di scrittura creativa di gruppo. Partendo dalla storia di San Giuseppe da Copertino un santo locale, del quale si dice fosse folle, in grado di volare e avere continue visioni è stata rielaborata la storia. Per ogni aspetto della storia sono state raccolte diverse proposte e votate per alzata di mano.
I vestiti di scena sono stati disegnati e cuciti con scampoli comprati al mercato, i cappelli e gli altri oggetti di scena sono stati creati con la cartapesta o con tavole di legno recuperati dai pallet.
Tutti gli utenti hanno partecipato alle riprese, come tecnici audio, addetti alle luci e ricoprendo come protagonisti ogni ruolo o funzione con la discreta presenza degli educatori che hanno avuto funzione di aiutarli ad esprimere competenze già presenti in loro.
Un lavoro significativo è stato svolto dal punto di vista psicologico, infatti distinguere falso e reale, riconoscersi nel filmato, saper decontestualizzare parole e comportamenti ed assumere una atteggiamento “altro” rispetto al solito dettato da abitudine e patologia sono stati la sfida più grande.
“Oltre” la macchina da ripresa, oltre questo specchio è stato possibile sperimentarsi, poter vivere infinite possibilità esistenziali.
Chi ha vissuto una vita inerme ha potuto avere voce, chi vive nell’ansia ha potuto coraggiosamente affrontare il buio dell’obiettivo fidandosi e affidandosi.
La grandiosità del progetto si riassume nel concetto, non è il solito film con pazienti psichiatrici guidati passivamente nell’eseguire un compito scolastico.
È un progetto che nasce da persone che vivono nella loro dimensione particolare, unica e personale, se pur piena di solitudine e sofferenza.
È un progetto che propone uno sguardo inconsueto e che rompe ogni logica cui siamo abituati, regalandoci uno momento di anarchia e libertà mentale nella quale riscoprirci facendoci guidare, da chi, solitamente ignoriamo.