Taranto – Operazione anticaporalato: condizioni disumane, violenze e lavoro in nero. | VIDEO
L’operazione anticaporalato che nella mat
tina di oggi ha condotto all’ordine di custodia cautelare per due persone – imprenditore di 45 anni, italiano, tale S. F. e il suo braccio destro, un rumeno di 25 anni, tale P. M. A. – accusate di diverse violazioni, tra cui: violazione del Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza, illeciti amministrativi ( D. Lgs 151/2015) e violazioni del D. Lgs 66/2003 in materia di Dottrina per il lavoro, è il risultato di un’indagine condotta dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro (N.I.L.) e dalla Compagnia dei Carabinieri di Castellaneta e di Ginosa.
L’avvio dell’indagine, partita a seguito di una denuncia di rappresentanze s
indacali di 5 lavoratori rumeni che sostenevano l’esistenza di una situazione di caporalato nelle campagne tra Ginosa e Castellaneta.
Dopo vari servizi di osservazioni e pedinamenti, i Carabinieri avrebbero trovato fondamento nelle dichiarazioni presentate con denuncia e avrebbero deciso di effettuare un’ispezione nei luoghi segnalati.
35 lavoratori, di cui il 40% donne, tutti di nazionalità rumena, che avrebbero lavorato per 17 ore al giorno e sarebbero stati impiegati sia nella raccolta nei campi dei prodotti della terra che di confezionamento all’interno di un magazzino, situato a Ginosa.
La paga, quando percepita, subiva diverse “detrazioni” da parte dell’imprenditore e dal suo braccio destro, “caporale” , per le spese dei beni di prima necessità, per il pagamento dell’alloggio in cui i 35 braccianti vivevano.
In particolare, l’ispezione avrebbe rivelato un casolare al limite del disumano: letti a castello ammassati, 6 docce con acqua fredda , 2 bagni esterni . I lavoratori sarebbero stati costretti ad assolvere ai propri bisogni fisiologici anche all’aperto, quando i bagni risult
avano inagibili. I Carabinieri avrebbero riscontrato diverse situazioni di violenze e minacce, di cui due accertate – ad una donna picchiata per 5 giorni a seguito dell’ispezione da parte dei Carabinieri e accusata probabilmente di aver fatto la spia e ad un operaio per futili motivi, che sarebbe stato picchiato dal “caporale” 25enne assieme ad altri 3 rumeni e che per le lesioni riportate ( tra cui la rottura del setto nasale) avrebbe ricevuto una prognosi di guarigione di 30 giorni.
Il trattamento economico a cui i lavoratori avevano diritto era per lo più fittizio: sarebbero stati pagati 4 euro ad ora, con detrazioni da parte dei due uomini arrestati (il “caporale” marocchino intascava il 30-40% di queste trattenute, l’imprenditore intascava i costi per gli alloggi – 120 euro al mese – poiché avrebbe messo a disposizione la struttura di proprietà di uno zio, ignaro del tutto e morto di recente) per pagare cibo, alloggio, beni di prima necessità e “trattenute” varie ed eventuali che portavano ad una paga al netto d
i 1.50 ad ora ( paga che in qualche caso non veniva mai corrisposta).
I registri individuati poi dai Carabinieri, avrebbero rilevato una contabilità parallela e per questa ragione si sarebbe disposto il sequestro preventivo con la confisca dei beni ( il casolare/alloggio fatiscente, i mezzi agricoli etc) per sanzioni in ambito amministrativo (114 mila euro), violazioni in materia di sicurezza (400 mila euro) ed evasione fisc
ale.
La corrente elettrica utilizzata per alimentare la casa colonica in cui alloggiavano i braccianti, era poi alimentata in modo abusivo, attingendo all’energia elettrica pubblica.
Nell’indagine sarebbe inoltre emerso che i lavoratori fossero per lo più assunti in nero e altri irregolari
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