Taranto – La lettera agli amici: “Cari 1993 … prima Michele, adesso Andrea … perchè? Che senso ha tutto questo?
Cari 1993…
…sono giorni difficili e dolorosi per il nostro paese, ma per voi lo sono maggiormente. Perché se la scomparsa di un giovane porta sconvolgimento, la morte di un amico, di un fratello, di un compagno di classe e di avventure lascia senza parole e senza forze.
Mi perdoneranno i ragazzi del 1992 e quelli del 1994 se questa piccola lettera è tutta per voi…anche quelli del 1991 e del 1995, s’intende. Insomma, mi perdoneranno gli altri se ho scelto di dedicarvi una carezza particolare…e se nel mio cuore in questo momento ci siete solo e soltanto voi.
Vi conosco un po’ tutti; non bene, è chiaro…ma l’avere una sorella della vostra età mi fa sentire sorella di ciascuno, senza che io riesca a controllare o spiegare pienamente un tale sentimento e un così forte coinvolgimento. Non credo vi occorrano parole: se ne sentono tante, talvolta inutili, fuori posto in una circostanza nella quale c’è bisogno non di giudizi, ma unicamente di comprensione e accoglienza. E poi so bene che, qualora aveste bisogno di parole, non le cerchereste da noi. Nelle vostre playlist ci sono consiglieri più validi e fidati, cantanti e poeti i quali, senza conoscervi, riescono ad interpretare i vostri mondi e i vostri cuori probabilmente molto meglio di noi. Di certo vi si obietterà l’uso di vivere con la musica nelle orecchie, con l’annessa accusa di non saper più ascoltare la realtà. Io obietto a mia volta l’incapacità di quella medesima realtà di ascoltare voi. E includo me stessa. E vi chiedo scusa, osando farlo a nome di tutti gli adulti: se non sappiamo comprendervi, se non riusciamo a starvi vicini, se non siamo in grado di darvi un po’ di conforto vero…scusate!
Ho sentito tanti di voi chiedersi, in questi giorni di lutto, perché mai la vita si sia accanita così tanto con questo 1993: prima Michele, adesso Andrea…perchè? Che senso ha tutto questo? C’è una logica in questa matassa sfilacciata di lacrime e ricordi?
Si dice che solo il tempo guarisce certe ferite…che i migliori “partono” prima perché sono “già pronti”. Io dico, semplicemente, che ogni sforzo di rispondere alle vostre domande è vano. Dico che nella vita ci sono interrogativi senza epilogo, come porte che restano aperte: pretendere di varcarne a tutti i costi la soglia provoca una vertigine di gran lunga maggiore dell’accettazione di rimanere con qualche risposta in meno. Si chiama mistero: è qualcosa che trascende il cuore dell’uomo e l’uomo, per questo, ne ha paura. Esso, invece, è la più grande garanzia della sua bellezza, perché lo protegge dall’essere accomodato in facili schemi di comprensione e lo eleva al di sopra delle sue conquiste razionali. Del resto se fossimo soltanto ciò che riusciamo a capire…saremmo molto poco.
Certo non sarà una buona dose di mistero a farvi stare meglio: ognuno di voi sa cosa ha dentro in un momento simile. L’unica possibile soluzione al dilemma è questa: camminare. Quando sei in un tunnel ed è buio, sai che se ti fermi sei perduto e resti al buio; se cammini, ogni passo è un pezzettino di buio in meno e una conquista in più verso la luce. E allora…camminate! Non può farlo nessuno al vostro posto: ogni persona ha una strada tutta sua davanti a sè. Ma una cosa è certa: noi siamo e saremo tutti a fare il tifo per voi!
Non abbiate paura di piangere e di sentirvi fragili: smetterla di voler essere invincibili a tutti i costi è il primo dei mille passi da compiere. E la vertigine che sentite a guardare quelle porte rimaste aperte…usatela per volare! Non avete bisogno di essere forti: lo siete già. Lo dice la qualità del bene che vi volete, così palese nei vostri abbracci, e la compostezza della vostra sofferenza. Lo dice quello che state costruendo con i vostri sforzi quotidiani, spesso a migliaia di chilometri da casa e dagli affetti, in un mondo troppo impegnato a compiangervi per accorgersi di quanto ha bisogni di voi.
La morte vi ha preso a schiaffi: dimostratele che non ha lei l’ultima parola sulla vita, che i vostri amici vivono dentro di voi, brillano nei vostri occhi e scalpitano nei vostri progetti, orgogliosi di voi almeno quanto noi. Qualcosa è cambiato nella vita di ciascuno: non si può negare, né cercare di addolcire l’amarezza. Ma provare a ripartire si può, si deve, da ciò che si è, da ciò che si ha, qui, adesso, in questo preciso momento. Scoverete tesori da queste macerie, e non è retorica!
Un giorno sarete padri e madri di creature le quali, guardandovi, sapranno bene cos’è la forza e qual è il segreto dell’esistenza. E voi racconterete, con voce commossa, di Michele e di Andrea, di quanto è bello volersi bene, di quanto faccia male un distacco e di come a volte la vita sia incomprensibile…ma di come sia possibile ricominciare e trasformare il dolore e l’amore nella più potente delle energie per continuare il viaggio. E chissà, magari loro nelle playlist aggiungeranno le vostre parole tra le canzoni più belle…!
Spero che possiate leggere questo piccolo pensiero.
Soprattutto spero che vi sentiate amati, da me, da tutti.
Non siete soli, mai.
Vostra sorella…Michela Conte