Caso Cucchi. Ombre sul “superteste” Casamassima. Elencati i suoi precedenti, Giovanardi: “Perché non è stato sospeso?”.
A cura di Elena Ricci
Arriva come un fulmine a ciel sereno l’interpellanza del Senatore Carlo Giovanardi, depositata in data 14 marzo 2017 e indirizzata al Ministero della Difesa.
Nell’interpellanza Giovanardi fa una disamina di quelli che sarebbero i precedenti e i provvedimenti adottati avverso Riccardo Casamassima e la sua compagna Maria Rosati, entrambi militari dell’Arma e allo stato dei fatti, testimoni “chiave”, negli ambiti dell’inchiesta bis relativa alla morte di Stefano Cucchi, per la quale si accusano tre Carabinieri di omicidio preterintenzionale aggravato dall’abuso di autorità.
Riccardo Casamassima (noto anche per la recente partecipazione ad una trasmissione in onda su Rai Due) e Maria Rosati, hanno reso dopo sei anni dalla morte di Stefano, e dopo un intero processo contro medici e agenti della polizia penitenziaria in seguito tutti assolti, una testimonianza che avrebbe permesso alla Procura di Roma di riaprire il caso e dunque indagare per omicidio. Riccardo Casamassima e Maria Rosati, hanno quindi contattato l’avvocato di parte civile denunciando ciò di cui (a loro dire) erano a conoscenza. Secondo la testimonianza del Casamassima e della Rosati, in un giorno non meglio identificato successivo all’arresto di Cucchi, il Maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca comandante della Stazione Roma Appia, si sarebbe recato presso la stazione dove il Casamassima e la Rosati prestavano servizio e, durante un colloquio con un altro sottufficiale, avrebbe detto: «I ragazzi hanno combinato un casino, hanno pestato un arrestato». La conversazione sarebbe stata udita dal Casamassima e dalla Rosati e da nessun altro.
Le domande sulla questione sono state tante, ma una in particolare: perché dopo sei anni? Perché dopo che altre persone (in seguito assolte) hanno subito un intero processo e accuse? Se la testimonianza fosse stata realmente resa perché insopportabile l’accusa verso innocenti e perché insopportabili le lacrime della famiglia del povero Stefano, perché aspettare sei anni? Perché aspettare che innocenti subissero un processo, negando la verità (ancora presunta) ad una famiglia che soffre per la scomparsa di un congiunto e ne chiede giustizia?
Questi in sintesi, sono stati parte dei quesiti posti dal Senatore Carlo Giovanardi, nella sua interpellanza indirizzata al Ministero della Difesa di cui rendiamo integralmente il testo:
«Premesso che, secondo quanto risulta all’interpellante:
nella riapertura delle indagini relative alla morte di Stefano Cucchi, sono state determinanti le dichiarazioni rese ai magistrati dagli appuntati dei Carabinieri Riccardo Casamassima e Maria Rosati;
l’appuntato Casamassima, nella sua qualità di agente di polizia giudiziaria, è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Roma con procedimento penale n. 19062/15, per aver omesso di denunciare all’autorità giudiziaria un reato di sequestro di persona, un reato di rapina e un reato di evasione e procurata evasione di persona agli arresti domiciliari;
lo stesso Casamassima veniva a suo tempo trasferito dalla stazione Carabinieri Roma Divino Amore a quella di Tor Vergata, a seguito di un violento pestaggio nei confronti di un commilitone, tanto da determinarne l’allontanamento immediato e, soprattutto, la privazione precauzionale delle pistole di ordinanza da parte del comandante della stazione a tutti i militari, per il timore che Casamassima, in preda ad uno dei suoi numerosi attacchi d’ira, avrebbe potuto usarle contro i colleghi;
nel dicembre 2008, fra Casamassima e la collega appuntato Maria Rosati c’erano forti frizioni e contrasti fino a spingere Maria Rosati ad annunciare ai superiori di voler procedere nei confronti dello stesso con denunce e querele;
nel dicembre 2009, un’altra persona, C. R., all’epoca fidanzata di Casamassima, faceva una denuncia-segnalazione contro di lui per stalking presso un centro antiviolenza di Roma;
nel dicembre 2009, C.R. e la madre G.F. si presentavano in caserma a Tor Vergata, per riferire di un ennesimo episodio di stalking dove venivano aggredite verbalmente da Casamassima che dava in escandescenze con agitazione psicomotoria, venendo trattenuto a stento dai numerosi militari presenti;
successivamente, l’appuntato Riccardo Casamassima e l’appuntato Maria Rosati, dopo un lungo periodo di conflitto, le cui vicende venivano più volte trattate dalla scala gerarchica, intessevano pubblicamente fra loro una relazione;
sono numerosi gli episodi nei quali l’appuntato Casamassima e l’appuntato Maria Rosati dimostravano atteggiamenti di risentimento, in particolare nei confronti del luogotenente Mastronardi, comandante della stazione di Tor Vergata, da dove erano stati precedentemente allontanati (nel 2010), tentando di coinvolgere in questa azione mirata di delegittimazione e rivalsa anche soggetti esterni all’Arma, per ultimo, denunciando alla Procura militare nel 2014 non soltanto il luogotenente Mastronardi, ma anche il luogotenente Sergio Bennici della stazione Divino Amore dove Casamassima aveva precedentemente prestato servizio, il colonnello Rosario Castello, comandante del gruppo di Frascati, ed il capitano Giuseppe Jacoviello, già comandante della compagnia di Frascati, tutti superiori diretti con cui egli avrebbe avuto motivi di contrasto;
in questa formale denuncia non c’era alcun riferimento, neanche de relato, secondo quanto risulta all’interpellante, alla vicenda della morte di Stefano Cucchi;
improvvisamente, nel maggio 2015, l’appuntato Riccardo Casamassima e l’appuntato Maria Rosati si ricordavano di un colloquio, senza essere in grado di indicare la data precisa, che sarebbe avvenuto circa 6 anni prima fra il luogotenente Mastronardi e il maresciallo Roberto Mandolini, attualmente imputato di falsa testimonianza nel caso Cucchi, e di un ulteriore colloquio che sarebbe avvenuto sempre all’epoca fra lo stesso Riccardo Casamassima e il maresciallo Sabatino Mastronardi, figlio del luogotenente Enrico Mastronardi;
tali dichiarazioni, per quanto riguarda il luogotenente Enrico Mastronardi, sarebbero state suffragate soltanto dalle dichiarazioni dell’appuntato Maria Rosati;
secondo quanto risulta all’interpellante, in un articolo di stampa del 23 dicembre 2015 (“Il Messaggero”), la squadra mobile della Questura di Roma (titolare dell’inchiesta bis) avrebbe asserito che Casamassima agirebbe per spirito di vendetta, riferendo inoltre che si sarebbe approvvigionato di droga da Fabiola Moretti, compagna di Danilo Abbruciati, già appartenente alla famigerata banda della Magliana;
in seguito interpellati a proposito dalle autorità giudiziarie, ambedue i sottoufficiali presentavano nel settembre 2015 due distinte denunce-querele nei confronti di Riccardo Casamassima e Maria Rosati,
si chiede di sapere se tali notizie corrispondano a verità e i motivi per i quali gli appuntati Riccardo Casamassima e Maria Rosati non siano stati mai sospesi dal servizio, malgrado i comportamenti descritti».
Elena Ricci