Roma – Il nuovo stadio della Roma ed il silenzio degli indecenti (?)
La questione dell’avvio della procedura di vincolo per l’ippodromo di Tor di Valle a Roma ha fatto infervorare gli animi di molti cittadini che hanno invaso la mail della Soprintendenza di Roma (MiBACT) dei più poetici dei commenti. Tutti “lusinghieri” naturalmente nei confronti soprattutto di chi, la soprintendente Margherita Eichberg, quel provvedimento ha avviato. La decisione dell’ufficio periferico del MiBACT di fatto non blocca la realizzazione del cosiddetto stadio della Roma ma fa esattamente quello che è preposta a fare ovvero il riconoscimento del valore culturale di un’opera architettonica e la conseguente imposizione del vincolo di tutela. Se però c’è, come dicono, circa un miliardo di euro in ballo per la realizzazione del nuovo stadio tutto diventa molto più difficile anche fare la cosa più normale per chi si occupa di tutela dei Beni Culturali. Quello che però colpisce di tutta questa vicenda è non tanto il fragore di tifosi (?) cui si vuol far credere sia stato scippato loro lo stadio della squadra del cuore quanto soprattutto il silenzio assordante di tutti o quasi gli altri. L’opera architettonica che corre il rischio (ancora non del tutto scongiurato) di essere distrutta è l’ippodromo di Tor di Valle con le sue tribune progettate fra gli altri dall’architetto Julio Lafuente in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960. E’ assordante il silenzio del Ministro Dario Franceschini che non si è ancora espresso sull’accaduto e soprattutto sulla pletora di insinuazioni offensive di cui la soprintendenza e la soprintendente sono state oggetto. Non dovrebbe forse il ministro intervenire in difesa di un dirigente del ministero da lui stesso diretto? Il silenzio assordante è anche però di tutti quei docenti universitari (tranne circa un paio o poco più) delle ben due facoltà di architettura che a Roma esistono. Il discorso però potrebbe estendersi anche ad altri docenti universitari di altre città consapevoli come i primi del rischio che l’opera architettonica di Lafuente correva e corre ancora. Verrebbe da ricordare parafrasando proprio per questo caso le parole di Pier Paolo Pasolini quando scriveva “conosco i vostri nomi ma non ne ho le prove”. Magari sono gli stessi docenti che obbligano i loro studenti a studiare proprio le opere del medesimo architetto Lafuente. Ed allora ci chiediamo se l’insegnamento, a cominciare da quello universitario, debba farsi carico anche di una componente etica oltre che scientifica. Si può in sostanza raccontare nelle aule l’importanza architettonica di un’opera e rimanere fermi a guardare vedendo la medesima a rischio di distruzione? Si possono imbastire quasi quotidiani panegirici in difesa dei beni culturali e far finta di nulla dinanzi alla macelleria architettonica di certe opere? Non vogliamo ricordare le polemiche che in questi anni hanno investito l’università italiana circa le modalità con cui si costruiscono certe carriere universitarie. Forse qualcuno, prima che della scienza, potrebbe essersi impratichito nell’arte del debito (e non certo culturale) in virtù del quale in certe circostanze meglio non intervenire perché non si sa mai: il silenzio di oggi potrebbe essere ripagato domani magari con qualche incarico professionale. E chi lo sa cosa è accaduto nelle facoltà romane e non solo. Il silenzio, prima ma anche dopo l’intervento della soprintendente M. Eichberg, ha regnato infatti schiacciato forse dalla prospettiva di quel miliardo e mezzo di euro cui si accennava. A vederlo bene questo silenzio diffuso, serpeggiante ne ricorda tanto un altro quello che cioè accompagnò la promulgazione delle leggi raziali in Italia. Tutti sapevano, tutti tacevano. Il silenzio a volte è connivenza, il silenzio non sempre è degli innocenti, il silenzio sempre più spesso è degli indecenti. La soprintendenza di Roma, ovvero una istituzione dello Stato , non può essere lasciata in pasto a quel malcelato silenzio.
Fabio A. Grasso
foto:fonte Sistema Archivistico Nazionale