Roma – Architettura / una petizione al ministro Franceschini per una legge sull’architettura
Nei giorni scorsi è stata presentata dall’architetto Gabriella Raggi una petizione indirizzata al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. ”Una legge per l’architettura –afferma l’architetto Gabriella Raggi che la petizione ha proposto – non è uno strumento dedicato agli architetti ma rappresenta una tutela per i cittadini e il paese in cui viviamo. La qualità delle costruzioni, il loro inserimento armonioso nell’ambiente circostante, il rispetto del paesaggio naturale e urbano e del patrimonio antico sono di primario interesse pubblico”. La proposta si articola in sei punti: riconoscere che il progetto è un’opera di ingegno e non un servizio; tutelare l’autonomia e l’indipendenza del progetto all’interno del processo edilizio; affermare che il concorso di progettazione è lo strumento ordinario e obbligatorio per l’attuazione degli interventi cui sono tenute a ricorrere le Amministrazioni Pubbliche, promuovere la qualità architettonica attraverso politiche esemplari nel settore della costruzione pubblica, favorire tutte le azioni necessarie per una migliore conoscenza e promozione della cultura architettonica, per una maggiore sensibilizzazione e formazione dei committenti e dei cittadini; tutelare l’interesse pubblico anche in interventi privati alla scala urbana attraverso società di indirizzo create ad hoc con l’obiettivo di promuovere e controllare la qualità dell’architettura e del disegno della città (come accade in Francia). Forse a molti tale proposta potrebbe apparire lontano dalle esigenze più immediate ma di fatto si chiama in causa con questa proposta proprio la qualità della vita attraverso l’architettura. Vogliamo tutti città belle dove si viva bene ma di fatto perdiamo il controllo sul processo che porta alla nascita dei nostri spazi. All’architetto G. Raggi abbiamo chiesto di approfondire e spiegare in modo più dettagliato il senso della sua proposta e quindi della petizione.
“L’esigenza di creare un adeguato sistema di tutela dell’architettura contemporanea – afferma G. Raggi – si è manifestata già alla fine degli anni Novanta, di cui l’esempio maggiormente significativo è stata, nel 1998 , la costituzione della direzione generale dell’architettura e arte contemporanea presso il Mibact, sotto la direzione dell’allora Ministro Walter Veltroni. Si legge nella relazione motivante il D. Lgs. n. 368 del 20 ottobre 1998 che la previsione di un’area dell’architettura e dell’arte contemporanea è frutto dell’idea “…che alla fondamentale funzione di salvaguardia della nostra eredità culturale debba accompagnarsi quella del sostegno alla formazione e diffusione di nuove testimonianze della sensibilità creativa della nostra epoca…” I compiti attuativi erano stati delegati alla DARC, istituita nel 2001 con DPR n 441 del 29 che era, o forse lo è ancora, articolata in due aree tematiche: la promozione della progettualità contemporanea e la tutela dell’architettura contemporanea. Sempre negli anni novanta, però, prende forma la legge che regola gli appalti delle opere pubbliche, dalla legge quadro 109 del 1994 sino al nuovo codice degli appalti del 2016”.
Il ruolo del libero professionista, ingegnere o architetto che sia, è centrale per definizione e problematica per attuazione. Ci spiega questo passaggio importante?
L’attuale normativa ha accorpato in un unico testo le procedure per la progettazione delle opere e quelle per l’appalto dei lavori, argomenti che non solo attengono a diverse discipline e competenze, ma soprattutto esigono un approccio culturale di diversa natura. Questa innaturale promiscuità avviene solo nel nostro Paese. Mai compare la parola architetto o ingegnere nell’articolato della vigente normativa. Questi soggetti sono definiti operatori economici. L’attuale normativa in materia di lavori pubblici considera l’architettura e l’ingegneria esclusivamente come attività economiche ignorandone i fondamentali aspetti culturali. Il ruolo del libero professionista è una “surroga” ai compiti dell’ente pubblico; mentre al libero professionista vengono richiesti ampi requisiti che ne garantiscano capacità, esperienza, solidità economica (curriculum riferito agli ultimi dieci anni e alla stessa tipologia delle opere da progettare e realizzare, fatturato degli ultimi tre anni, numero di dipendenti, etc.), un qualsiasi componente di un qualsiasi Ufficio Tecnico pubblico può assumere e svolgere qualsiasi incarico professionale per la realizzazione di un’opera pubblica senza dover garantire alcunché. Per questo è indispensabile che sia riaffermato il principio dell’opera di ingegno.
Il valore di un edificio non dipende dal tempo ma dalla capacità di incarnare lo spirito del tempo che rappresenta e di migliorare la qualità delle relazioni delle persone che lo “abitano”. L’accidente- l’ennesimo- che ci ha spinto a scrivere è l’ultima violazione perpetrata nei confronti di un capolavoro della nostra cultura e storia, la Stazione Termini. La stazione Termini è stata capace di raccontare e rappresentare un’idea, un momento della storia del paese e del suo sviluppo economico; ma allo stesso tempo di farsi portatrice di un progetto culturale che, come tutte le architetture, aveva nel proprio tempo un punto di partenza. Il coacervo di opere che si sono e si stanno sovrapponendo all’impianto originale, in ragione di una necessaria trasformazione e ammodernamento del nodo, hanno minato e sommerso la chiarezza degli apparati, offrendo invece a chi arriva un senso di confusione e indeterminatezza. Tutto ciò è l’esito di un atteggiamento, protratto e stabile che non ha tutelato l’ideazione e la realizzazione architettonica come bene primario di interesse pubblico; sintomo di un ambiguo atteggiamento verso il bene comune; rinuncia ad esprimere e figurare lo spirito del nostro tempo abdicando ad ogni obbligo verso chi verrà dopo di noi.
Abbiamo casi simili in Europa, altre leggi per l’architettura?
“La prima legge per l’architettura, promulgata in Francia nel lontano 1977, chiarisce all’articolo 1 che l’architettura è un’espressione della cultura e riconosce alla disciplina la funzione di attività di utilità pubblica, attribuendo agli architetti un ruolo di primo piano nella trasformazione urbana e nella costruzione degli edifici. È da questo momento in poi che lo Stato francese ha iniziato una politica basata sul meccanismo dei concorsi di architettura obbligatori e retribuiti, espletati con regole di chiarezza e trasparenza nella scelta di concorrenti e vincitori, che, in pochi anni, ha consentito la formazione di una generazione di giovani architetti poco dogmatica e più aperta a influenze diverse.
A incoraggiare questo clima di ripresa dell’architettura ha contribuito anche la creazione, tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80, di istituzioni come l’I.F.A. (Institut Français d’Architecture), la M.I.Q.C.P. (Mission Interministérielle pour la Qualité des Constructions Publiques), e gli Albums de la Jeune Architecture.
Anche se dalla fine degli anni Novanta, attraverso l’affermazione del partenariato pubblico-privato (PPP), istituito nel 2004, i concorsi non sono più la sola via per accedere alla committenza e l’architettura partecipa di un contesto maggiormente legato all’offerta economica, i governi hanno ormai acquisito il principio che l’architettura sia una risposta politica capace di prevalere sulla durata del potere e di materializzare un periodo nella storia del paese, dove il ruolo svolto dallo Stato e dalla committenza pubblica resta determinante al livello della direzione e dei grandi orientamenti progettuali”.
Fra i molti che hanno già firmato ricordiamo:
Maria Laura Arlotti, Michele Beccu, Paolo Desideri, Filippo Raimondo (ABDR); Gianluca Andreoletti; Cecilia Anselmi; Carmelo Baglivo; Pio Baldi; Marco Brizzi; Stefano Casciani; Francesco Colangeli; Matteo Costanzo, Gianfranco Bombaci (2a + P/A); Alfonso Femia, Gianluca Peluffo (5+1aa); Benedetto Camerana; Francesco Cellini; Eugenio Cipollone (Insula architettura); Stefano Cordeschi; Massimo D’alessandro (MdAA architetti associati); Giovanna De Sanctis Ricciardone; Daniele Durante (BV36); Gabriele Del Mese; Luca Galofaro; Pier Giorgio Giannelli; Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori (Labics); Andreas Kipar (LAND); Peter Lang, Ketty Di Tardo, Alberto Jacovoni, Luca La Torre (Ma0 architettura); Paolo Mestriner; Paolo Mezzalama; Daniel Modigliani; Stefania Miscetti; Luca Molinari; Francesco Orofino; Spartaco Paris; Efisio Pitzalis; Franz Prati; Luigi Prestinenza Puglisi; Gabriella Raggi; Simone Capra, Claudio Castaldo (stARTT); Aldo Aymonino, Marina Cimato (Seste Engineering); Giuseppe Scaglione; Dario Scaravelli; Marco Scarpinato; Simone Sfriso; Filippo Spaini; Luca Zevi; Cino Zucchi.
Il link dove firmare la petizione.
https://www.change.org/p/ministro-dei-beni-e-le-attivit%C3%A0-culturali-dario-franceschini-una-legge-per-l-architettura
Fabio A. Grasso