ILVA, la strage di Stato – Sull’altare della patria o sull’altare del lavoro?
ILVA, la strage di Stato – Sull’altare della patria o sull’altare del lavoro?
In 55 anni: 161 soldati deceduti, 500 operai ILVA morti.
di Antonello Corigliano
E’ un numero impressionante che fa accapponare la pelle anche ai più cinici analitici. Sono le morti che i tarantini piangono, caduti all’interno del siderurgico più grande d’Europa, ILVA.
Dal 1961, anno in cui entra in marcia l’ex Italsider ora ILVA, fino ad oggi sono ben 500 figli di questa terra che sono morti prematuramente, deceduti sul posto di lavoro. Un dato che se paragonato con quello dei soldati italiani, deceduti durante le missioni di pace nel mondo, ci dà la proporzione della pericolosità che ogni singolo lavoratore mette in conto – consapevolmente o no – prima di iniziare il proprio turno di lavoro.
L’acciaieria è di per sé uno dei luoghi di lavoro più pericolosi al mondo.
Dal 1961 (a partire dalla Missione ONUC nell’ex Congo Belga) fino all’ultimo dato in nostro possesso (Missione Militare UNIFIL – Operazione Leonte – in Libano, 2014 ) i militari caduti nelle missioni di pace sono stati 161.
L’equazione va da sé: si ha più probabilità di riportare a casa la propria pelle andando in guerra che svolgendo 8 ore di lavoro nel siderurgico tarantino. Una strage di Stato tra il dovere di difendere la Patria e il dovere della Patria di difendere il lavoro .
Oggi in fabbrica si registra l’ultima di queste vite sacrificate. Giacomo Campo, un ragazzo di 25anni residente in un piccolo paesino della provincia (Roccaforzata). L’operaio è morto all’interno del siderurgico mentre si trovava su un nastro trasportatore per un intervento di manutenzione. Un nastro che pare sia ripartito in maniera accidentale .
Un infortunio che ogni volta, ogni santa volta, riapre il problema sicurezza sul luogo di lavoro e che da più anni viene prontamente denunciato dagli stessi operai.
Dal 2012, anno in qui il siderurgico è entrato nel vortice di una inchiesta giudiziaria, la situazione all’interno dei reparti sembra essere precipitata.
A nulla sono servite le leggi del Governo, le 10 leggi in 4 anni, per mettere a posto l’ILVA.
La fabbrica miete vittime dentro, senza poi contare la distruzione ambientale e sanitaria perpetrata fuori.
Così, come avviene per i nostri soldati che danno il loro sangue per la Madre Patria in varie missioni di “pace” , anche oggi a Taranto si è registrato il valzer del cordoglio.
Un cordoglio che ormai sa di ipocrisia. Quell’ipocrisia di chi sa di essere complice di una strage di Stato: quello Stato che ha deciso che Taranto deve vivere di morte, dolore e cordoglio.