Lecce- Gli scheletri della Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio
Nei giorni scorsi è stato in visita a Lecce Antimo Cesaro, sottosegretario del Ministero dei Beni Culturali Ambientali e Turismo (MiBACT). Il motivo della visita è presto detto: seguire i lavori di restauro della chiesa di Santa Croce, del castello ed infine dell’ex ospedale dello Spirito Santo, sede locale del MiBACT o meglio della Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto. Un festa, una vera e propria festa. Non c’è che dire. La si potrebbe definire proprio così ed infatti un nuovo e più grande pannello informativo è stato collocato sulla facciata dello Spirito Santo e tutto e tutti si sono tirati a lucido come è giusto che sia. A fare gli onori di casa la soprintendente arch. Maria Piccarreta e l’arch. Giovanna Cacudi in quanto quest’ultima è la responsabile dei restauri. Volevo assistere alla conferenza stampa del sottosegretario per raccontarla ai nostri lettori ma sono stato bloccato alla porta da un dipendente della soprintendenza (che conosco e mi conosce) il quale mi ha comunicato che per accedere era necessario un invito. Ho chiesto ad altri giornalisti e fotografi, nessuno aveva l’invito e sono entrati senza problemi. Ho notato inoltre che chi mi aveva bloccato non ha controllato ad altri gli inviti né aveva una lista degli invitati. Mi sono avvicinato e, allo stesso funzionario, ho chiesto di parlare con la soprintendente ma mi è stato negato da un’altra persona, pure senza cartellino identificativo, che nel frattempo aveva fatto capolino dalla porta; questa seconda persona in modo perentorio, e senza avere ascoltato, perché non presente, nulla del mio colloquio con l’altro funzionario, mi ha detto: “Lei non può entrare!”. Perché impedirmi di accedere senza prima chiedermi chi fossi e per conto di quale giornale mi presentassi? E’ evidente che il secondo funzionario mi aveva riconosciuto. Difficile pensare che questi due dipendenti della soprintendenza di Lecce abbiano di propria iniziativa deciso di non fare entrare “qualcuno in particolare” (sarebbe cosa gravissima e sanzionabile per un dipendente pubblico). Ancora più incredibile, ai limiti della comicità, è pensare che la soprintendente M. Piccarreta possa avere dato disposizioni ai dipendenti per impedire ad una “persona in particolare” di assistere alla conferenza stampa. Cosa c’era da temere? Che durante la conferenza ponessi al sottosegretario delle questioni? Forse la soprintendente non aveva gradito i miei articoli mai smentiti sulla soprintendenza leccese? Una cosa appare certa: con nessuno dei soprintendenti, quelli che si sono succeduti a Lecce in questi anni, mai una cosa del genere è accaduta. Escludere da una conferenza stampa quelle che si ritengono penne non gradite non è un segnale positivo per tutti. La soprintendenza, occupandosi anche di cultura, dovrebbe creare politiche di unione ed invece con gesti come questa esclusione, che ritengo violino la trasparenza e la libertà di espressione (ed in seguito si vedrà anche quella di stampa e della ricerca scientifica), produce solo fratture e soprattutto l’allontanamento di una istituzione dai cittadini. Non cerco conflitti ma solo la verità dei fatti. E deve essere ben chiara una cosa a questo proposito, con i miei articoli, semplicemente per senso dello Stato, continuerò a segnalare chiunque, anche in una soprintendenza, dimostri di non rispettare la Costituzione della Repubblica e il suo art. 9 in particolare che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” (cfr. https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=9).
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Torniamo alla cronaca degli eventi. I giornali hanno segnalato quanto evidentemente sottolineato nella conferenza stampa (e non solo) ovvero che la scoperta importante sarebbe quella dei resti umani negli “ambienti sotterranei” nella chiesa dello Spirito Santo. Si apprende a questo proposito, leggendo la relazione consegnata ai giornalisti dalla stessa Soprintendenza di “[…] ambienti sotterranei alcuni dei quali già noti grazie a studi e ricerche in passato”. L’affermazione appare generica, forse troppo. Riassumiamo i fatti. Non più di qualche mese fa si è gridato alla clamorosa scoperta di questi “ambienti sotterranei”. Successivamente, il 20 marzo 2016, si è mandata in forma privata una comunicazione alla soprintendente M. Piccarreta segnalando che l’esistenza di “ambienti sotterranei” nella chiesa dello Spirito Santo era stata evidenziata già in una indagine condotta da tre studiosi: il dott. Gianni Leucci, l’ing. Raffaele Persico, entrambi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ed il sottoscritto. Per quanto mi riguarda preciso che conducevo una ricerca che, d’accordo il soprintendente di allora ing. Attilio Maurano ed il Direttore Regionale del MiBACT della Puglia arch. Ruggero Martines, era finalizzata alla elaborazione di una tesi di laurea in Restauro dei Monumenti presso la facoltà di Architettura della “Sapienza”, Roma, relatore prof. arch. Giovanni Carbonara. La nostra indagine sulla chiesa dello Spirito Santo, fra le altre cose, prevedeva un’analisi storica e tecnica di quanto era al di sotto del pavimento e non solo; i risultati furono comunicati alla stessa soprintendenza ed in più fu pubblicato anche un articolo. Per quanto mi riguarda occupandomi della ricerca storica e del rilievo, come detto, ebbi modo più volte di parlarne con il soprintendente A. Maurano sollevando spesso la necessità di condurre verifiche ed analisi scientifiche dettagliate; l’occasione si presentò quando i ricercatori della locale sede del CNR offrirono la possibilità di collaborazione fra le rispettive istituzioni. Visto che da parte della soprintendenza leccese si è sottolineata l’importanza del rinvenimento, oltre che dei resti umani, anche degli “ambienti sotterranei”, sarebbe stato opportuno indicare con chiarezza chi questi ultimi aveva individuato e già interpretato come sepolture (https://www.academia.edu/7500610/Tre-chiese-iwagpr-2011) . Non è accaduto. E’ troppo chiedere il riconoscimento del proprio lavoro di ricerca? Non mi pare. Questa mancanza, già di per sé grave, diventa più grande e paradossale nel momento in cui si scopre che all’incontro con il sottosegretario non sono stati invitati i primi due autori della scoperta ed al terzo viene addirittura impedito di accedervi.
E non siamo stati i soli, visto che non è stato invitato neanche il prof. Paul Arthur, docente di archeologia medioevale presso l’Unisalento. Quest’esclusione appare altrettanto significativa. Il restauro ora in corso del castello leccese, curato da G. Cacudi, sarebbe infatti inconcepibile ed impossibile senza il fondamentale contributo delle ricerche condotte in questi ultimi 12 anni dai prof.ri P. Arthur, Benedetto Vetere e dal loro team di giovani ricercatori fra cui si ricordano Marisa Tinelli, archeologa, e Luigi Oliva, architetto.
Non si voleva che il sottosegretario sapesse chi aveva segnalato per primo l’esistenza di quei locali sotterranei? Chi, forse nella soprintendenza leccese, ha tratto e trae vantaggio da tutto questo?
Certo è però che fra i presenti all’incontro con il sottosegretario vi erano il CEDAD, altro istituto di ricerca che farà le indagini sulle ossa ritrovate negli “ambienti sotterranei”, e i Vigili del Fuoco, che sempre quegli ambienti hanno esplorato, citati entrambi in più nella relazione fornita ai giornalisti dove però non si ricorda il CNR i cui ricercatori hanno identificato gli ambienti, lo si deve risottolineare.
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Nella stessa relazione che la soprintendenza ha messo a disposizione, la chiesa dello Spirito Santo (quella con gli “ambienti sotterranei”) è definita “[…] barocca […]” ma in effetti così non è. La chiesa fu infatti realizzata intorno al 1560 e solo parte della decorazione interna oggi visibile può definirsi “barocca”; quest’ultima è stata scolpita distruggendo parzialmente quella cinquecentesca emersa però nel corso dei miei studi. A tratti sono ancora visibili infatti le scanalature cinquecentesche realizzate sulle ghiere degli archi posti al disopra delle cappelle. Si dovrebbe ricordare inoltre la maggior parte delle ottocentesche decorazioni parietali nella zona attorno al non più esistente altare maggiore (il fregio della trabeazione ad esempio).
Chi della soprintendenza di Lecce ha redatto ed approvato la relazione ha usato in modo opinabile il termine “barocco” di cui Lecce è una delle capitali a livello mondiale. E non è il primo caso del genere. Recentemente una funzionaria, e sempre per la stessa soprintendenza, ha infatti organizzato una mostra in cui una scultura in cemento del 1945 è segnalata come opera barocca di Giuseppe Zimbalo (Lecce: 1620-1710). Pare che sia stata proprio la stessa persona a fare inoltre da cicerone alla delegazione ministeriale nei giorni scorsi a Lecce.
Una cosa a questo proposito è certa: prima di avviare un restauro architettonico deve essere necessariamente condotta una approfondita analisi storica e di rilievo in grado di distinguere e far distinguere le varie fasi storiche dell’edificio. Una relazione dovrebbe farsi carico delle acquisizioni emerse durante l’indagine e non vi sono ragioni per cui le informazioni debbano essere fornite in modo non completo e quindi scorretto.
Non dico nulla di trascendentale in effetti: questi sono gli insegnamenti del professore arch. Giovanni Carbonara, uno dei maggiori esperti di restauro dei monumenti a livello internazionale, e del soprintendente ing. A. Maurano, uno dei migliori e più corretti che la soprintendenza di Lecce abbia avuto in questi anni. Era questo che il sottosegretario non doveva sapere? Chi, forse nella soprintendenza, trae vantaggio da tutto ciò?
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Oppure il sottosegretario non doveva sapere che dopo una ricerca sull’ospedale dello Spirito Santo durata circa sei anni per la mole di documenti da identificare, esaminare, tradurre, trascrivere, analizzare, etc è stato impedito l’accesso a chi lo studiava e con esso di concludere addirittura una tesi di laurea in restauro dei monumenti proprio su questo ex ospedale? Un caso pressoché unico nella storia del Ministero dei Beni Culturali. Che fine ha fatto l’art. 9 della Costituzione? Chi nella stessa soprintendenza leccese potrebbe dimostrare di avere condotto una analisi storica sull’edificio altrettanto lunga, sistematica ed approfondita e quindi utilissima per i restauri architettonici ora in corso e per giunta messa a disposizione a costo zero per lo Stato?
Per quanto riguarda gli “ambienti sotterranei” ed i “resti umani”, nella stessa relazione della soprintendenza si legge “[…] al momento l’ipotesi più plausibile resta quella di alcune pestilenze che tra il 1400 e il 1600 colpirono la città”. A questo proposito sarebbe stato utile leggere Alessandro Manzoni per capire meglio cosa accadeva quando una epidemia di peste colpiva le comunità urbane; verrebbe da chiedersi inoltre: prima di partire con ipotesi anche suggestive, non sarebbe stato più opportuno riportare almeno un solo dato storico secondo cui nella chiesa avveniva la sepoltura di chi nell’ospedale moriva? Questa pratica giustificherebbe la grande quantità di resti umani ritrovati sotto il pavimento. Al di là del sensazionalismo della notizia a proposito dei resti umani riesumati chi si occupa di ricerca storica ed analisi degli edifici sa bene che tali ritrovamenti non sono affatto infrequenti in una chiesa così antica. Dalle indagini condotte risulta poi che in genere i ricoverati nell’ospedale erano spesso poveri, poco abbienti, residenti e non a Lecce.
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Quella degli “ambienti sotterranei”, come già osservato, non è stata una scoperta vera e propria di oggi eppure c’è da dire che in quanto emerso sotto il pavimento della chiesa dello Spirito Santo c’è qualcosa, questo sì davvero interessante e più forse degli stessi “resti umani”. I giornali non ne parlano e neppure le fonti ufficiali ovvero la relazione a stampa, il sito della soprintendenza leccese (http://www.sbap-le.beniculturali.it/index.php?it/22/modulo-eventi/39/le-scoperte-nei-cantieri-di-restauro-a-lecce-visita-del-on-prof-antimo-cesaro) e il sito del MiBACT (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1419157505.html). Quale sarebbe questa notizia?
Sotto la chiesa sono emersi anche alcuni pilastri (precedenti l’attuale superiore chiesa) sulle cui superfici vi sono figure, parzialmente visibili, che ritrarrebbero santi (si scorgono anche parti architettoniche dipinte). I colori di queste raffigurazioni murarie, probabilmente affreschi, ricordano a tratti quelli che, nel castello di Copertino (Lecce), sono nella cappella collocata in prossimità dell’ingresso principale alla fortezza. Non si può escludere che chi realizzò quelle immagini sui pilastri possa avere lavorato anche nel vicino convento, precedente l’attuale edificio, dei domenicani che l’ospedale avevano fondato e nella cui gestione erano coinvolti. Nella chiesa dell’ex ospedale la singolarità del ritrovamento di quelle strutture con raffigurazioni, in relazione con l’analisi storica, obbliga a porre almeno una domanda: questi pilastri con dipinti, posti ad una quota più bassa rispetto all’attuale pavimento della chiesa, erano forse relativi alle cucine? Alle corsie? O a quale altro ambiente dell’antico ospedale? L’analisi dei dati spinge a pensare che quei pilastri con quelle raffigurazioni potrebbero essere appartenuti ad un ambiente importante, forse addirittura ad una chiesa più antica, plausibilmente ad uso proprio del vecchio ospedale, quello precedente l’attuale oggi in restauro. Sulla base di quanto si rileva dalle foto questa chiesa più antica era pure più piccola ed aveva un orientamento diverso rispetto a quella attuale; non è da escludere che avesse anche un ingresso verso quella che oggi è via G. Libertini.
Basterebbe inoltre leggere i documenti per apprendere che l’ospedale “dello Spirito Santo” era noto anche come quello di “San Giovanni Battista” e questa più antica chiesa quindi, cui apparterrebbero i pilastri con raffigurazioni, potrebbe avere avuto pure questo titolo.
Si vorrebbero verificare le ipotesi che qui si avanzano per dire di più sull’argomento, completando così un’analisi cominciata secondo tempi e modalità che si sono in queste righe già ampiamente descritti, ma chi oggi ancora studia l’ex ospedale leccese può solo osservarne le foto trovate su internet visto che la soprintendenza locale non ha più permesso e continua a non permettere l’accesso consentendolo però ad altri come visto in questi giorni. Chi, forse nella soprintendenza di Lecce, trae vantaggio da tutto ciò? E’ questo che il sottosegretario non doveva sapere?
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L’accesso per ragioni di studio, negato dalla soprintendenza leccese, nasconde in effetti una situazione ancora più singolare. Alla fine dell’agosto 2015 si era chiesto un appuntamento per l’autorizzazione a salire sui ponteggi e fotografare, per motivi di ricerca scientifica, le sculture della parte superiore della facciata di Santa Croce. Il 22 aprile 2016 finalmente la risposta: in un incontro con la soprintendente M. Piccarreta, la mia richiesta era rigettata con la motivazione che il cantiere non è “aperto”. Sicuramente non agli estranei. Si è fatto inoltre notare, nello stesso incontro, che la possibilità di salire su quelle impalcature era già stata offerta in almeno un’altra circostanza ad un altro studioso. Cito quanto riportato in un volume (A Tonino Cassiano per il suo compleanno 9 luglio 2015, Galatina, Congedo, 2015, p. 29) dove l’arch. G. Cacudi (responsabile anche dei lavori di restauro sulla facciata di Santa Croce) scrive riferendosi al dott. Antonio Cassiano “[…] nel cantiere di Santa Croce, al mio invito a salire sui ponteggi […]”; alcune righe dopo la medesima nel ringraziare lo stesso professore aggiuge: “Dal punto di vista personale, come amica e funzionario di Soprintendenza […]”. Ritorniamo alla visita del sottosegretario. Su tutte le testate giornalistiche e social sono state pubblicate molte foto con alcune personalità politiche, sottosegretario incluso. Fra i tanti click non sono mancati i selfie sulle impalcature e proprio davanti alla scultura che avevo chiesto di fotografare per ragioni di studio (per completezza si ricorda che su quei ponteggi, il giorno della visita del sottosegretario, sono salite tante altre persone certamente estranee al cantiere ma a me è stato negato).
Lasciamo da parte le conclusioni generali. Per quanto mi riguarda posso semplicemente affermare di non avere amici nella soprintendenza né di essere una “personalità” come quelle che sono salite sui ponteggi di Santa Croce.
A chi, come me, si occupa solo di studiare questi ed altri edifici storici cercando di valorizzarli, e a volte scoprendone anche i segreti, non è consentito l’accesso. Tuttavia, ricordiamolo, i restauri di Santa Croce, così come quelli degli altri edifici citati, sono finanziati con denaro pubblico e con significativo apporto scientifico di altri studiosi e istituzioni. Particolare non da poco. Chi, forse nella soprintendenza di Lecce, trae vantaggio da tutto ciò? Anche questo non si voleva che il sottosegretario sapesse?
Ammettiamolo, però, almeno in quest’ultimo caso la colpa è solo mia: ho sbagliato a chiedere di fare foto per ragioni di studio. Ed allora riformulo la domanda adesso e alla stessa soprintendente M. Piccarreta: chiedo di salire sulle impalcature della facciata di Santa Croce per scattare un selfie con una scultura e pubblicarlo poi su facebook. Altri estranei al cantiere, come qui documentato, lo hanno fatto. Perché negarlo a me? La domanda è retorica ed è ovvio che non mi verrà consentito. E ciò confermerà di fatto quanto in questo articolo riportato.
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Scherzi (amari) a parte, cosa aggiungere a questa rassegna di “Tagli, ritagli e frattaglie” culturali, avrebbero detto Renzo Arbore e Luciano de Crescenzo? Fra tutte una immagine è rimasta impressa in modo particolare quel giorno della visita del sottosegretario: il secondo funzionario della soprintendenza leccese che mi ha impedito di accedere alla conferenza stampa. Ne ho scoperto poi il nome che qui non faccio per una semplice questione di sua dignità. Ho provato ad immaginare come dovesse sentirsi, quel giovane architetto, messo all’ingresso dello Spirito Santo per cacciare uno studioso la cui passione per la ricerca storica e per il racconto della stessa e della verità dei fatti è cosa non gradita a qualcuno nella soprintendenza leccese. L’ho immaginato, quell’architetto, mentre all’università preparava per esempio gli esami di storia dell’architettura pensando ad un futuro, il suo, fatto di progetti architettonici magnifici e di scoperte storiche, le più belle; mai egli avrebbe forse immaginato che un giorno sarebbe finito a fare quello che, nelle feste private, fa un buttafuori. Gli auguro di meglio. Chi si occupa di ricerca scientifica come potrebbe reagire a questo stato di cose, inconcepibili nel civilissimo mondo anglosassone? Nelle ricerche che conduco mi trovo a parlare con i muri, quelli dell’Architettura rispondono sempre, altri no. E così tutta questa vicenda potrebbe chiudersi ricordando le parole su uno di essi: “Voi mi odiate ed io per dispetto vi amo tutti”.
Fabio A. Grasso