Grottaglie (TA) – Serena esiste. Serena sorride. Ma in Puglia a “non esistere” è la sua malattia
Se tutti noi conoscessimo il mondo della disabilità, capiremmo che esistono mondi più colorati e mondi meno colorati, ma i bambini sono unici e tutti uguali. Quella che stiamo per raccontarvi è la storia di una famiglia che ha dovuto stravolgere la propria vita e le proprie abitudini per accudire il secondo frutto del loro amore: Serena. E’ la storia di due insegnanti grottagliesi, Massimo e Anita, che da insegnanti sono diventati anche “medici”, “assistenti”, “psicologi di se stessi”, oltre che genitori. E’ anche la storia di Alessandra, 11 anni, costretta a crescere in fretta perché la sorellina Serena ha un problema, e bisogna aiutarla; e allora Alessandra insieme a mamma e papà ha deciso che sarebbe cresciuta, che avrebbe aiutato la sua amata sorellina. E ci si accorge che una bambina di 11 anni cresce in fretta, quando gioisce di fronte al sorriso di sua sorella; di fronte ai suoi movimenti, ai suoi piccoli passi verso un miglioramento. In casi come quello che vi racconteremo, l’amore della famiglia e il sorriso stampato in faccia sempre e comunque, sono la ricetta migliore per costruire un percorso condiviso che sia d’ausilio alle tante famiglie come quella di Massimo e Anita, che un bel giorno si trovano a fare i conti con una malattia rara.
Serena viene al mondo il 13 gennaio del 2007. La seconda figlia in casa Quaranta, porta un’enorme gioia a mamma, papà e sorellina. Una gravidanza normale quella di mamma Anita, senza alcuna preoccupazione o strano sintomo, se non un vaccino effettuato durante il primo mese di gravidanza, ma che a detta dei medici – come ci racconta Massimo – non avrebbe avuto alcuna conseguenza sul feto.
Dopo la nascita, al quindicesimo giorno di vita di Serena, iniziano i problemi. La bambina ha problemi mentre mangia, quasi soffoca. I pediatri rassicurano, si tratta di muchi, probabilmente. Ma la situazione peggiora. Arrivano le crisi epilettiche. 15-18 crisi al giorno. La bambina viene ricoverata. La situazione precipita, l’8 aprile 2007 battesimo d’urgenza.I primi tre mesi di ospedale si concludono con una terapia sintomatologica a base di anticonvulsivi, ma senza diagnosi. La malattia di Serena non ha ancora un nome. Bologna, Roma, Bari e infine Verona. Lì si comprende che il problema è di natura genetica. Qui inizia lo studio di papà Massimo, che giorno dopo giorno annota in un diario tutta la terapia di sua figlia e i feedback. Qui, Massimo si rende conto che più sono alti i dosaggi, più Serena sta male. L’unica speranza è dall’altra parte del mondo, in America, ma le spese sono troppe e insostenibili. Parte così una raccolta fondi mediante il sito dedicato a Serena, e la famiglia Quaranta vola negli USA. Proprio negli USA, si comprende che esiste un solo farmaco capace di aiutare Serena, e grazie a questo le sue crisi diminuiscono del 70%. Nel frattempo si scopre anche che Serena è affetta da cecità corticale, dunque non vede. L’incubo adesso ha un nome: si chiama CDKL5 ed è una mutazione della sindrome diretta. Una malattia rara sconosciuta in letteratura medica. Ma è riduttivo parlare di malattia rara. Questa patologia complessa presenta anche gravi compromissioni secondarie, “le sorprese non mancano mai”, come dice Massimo. La malattia di Serena le comporta cecità, le inibisce le funzioni psicomotorie, e respiratorie (è stata infatti colpita da tre broncopolmoniti). La piccola non è autosufficiente, necessita di assistenza h24. Insomma, di fronte ad una malattia del genere non parliamo di persona disabile e basta, perché la disabilità colpisce l’intera famiglia. E chi tutela una famiglia alle prese con una situazione del genere? Noi di PugliaPress, abbiamo incontrato Massimo, Anita, Alessandra e Serena. Abbiamo ascoltato la loro storia, abbiamo ripercorso insieme la malattia di Serena che oggi ha 8 anni. I disabili sono invisibili, sembrano non far parte della società. E per spiegare questo Massimo parla di “barriere culturali” e non di barriere architettoniche. Serena ogni giorno si rapporta con molteplici figure: dalle OSS, al logopedista al fisioterapista. Serena è farmacoresistente, dunque la famiglia non ha alcun aiuto a livello farmacologico se non quello utilizzato negli USA e non testato ancora in Italia, questa Italia che di sperimentazione poco parla. La famiglia Quaranta non ha nessun aiuto. Hanno studiato da soli la malattia della propria figlia e come rapportarsi ad essa, come gestire casi di crisi gravi. Hanno girato il mondo Massimo ed Anita, ma la soluzione era dietro l’angolo. Un grande medico di Grottaglie, la dottoressa Angela Chianura, gastroenterologa omotossicologa che si aggiorna costantemente, e ha in cura Serena. Lei adesso sta monitorando Serena a 360°. Uno dei pochi medici, forse.
La cosa molto importante è il monitoraggio a 360° a cui Serena dovrebbe essere sottoposta in maniera costante, poiché anche i prodotti omeopatici per curare la bambina, dovrebbero essere testati in continuazione. Ma questo la famiglia non ha potuto farlo, perché in Puglia mancano strutture di carattere pluridisciplinare. Non vi sono dunque, ospedali dove la piccola possa essere portata a controllo. Questo significa per la famiglia, allontanarsi a circa 1000km da casa, a Genova, con i costi che tutto ciò comporta. “Qui al sud non abbiamo nulla” dice Massimo, che per un esame importantissimo come quello della videofluoroscopia, si è dovuto recare a Torino. In Puglia non esistono strutture per questo esame, fondamentale per conoscere lo stato della malattia di Serena.
Massimo ci racconta di essersi rivolto due volte all’ex governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, all’allora assessore alla sanità Elena Gentile, e in seguito anche al successore Donato Pentassuglia. E quali sono state le risposte? Una semplice pacca sulla spalla, e una miriade di parole, rimaste lì, nella circostanza. E ancora, insoddisfatto dell’inesistenza della politica locale, Massimo Quaranta scrive all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Massimo chiede un prepensionamento dovuto a motivi familiari gravi. Viene convocato dalla Polizia, e gli viene richiesta tutta la documentazione necessaria per il suo caso. Documentazione prodotta e consegnata, da allora è trascorso un anno e mezzo, e tutto è finito nell’oblio. Istituzioni inesistenti, malattie rare invisibili, una famiglia lasciata completamente sola, con ausili sanitari domiciliari dal lunedì al venerdì solo al mattino, come se la malattia per manifestarsi avesse orari e giorni definiti. “A me la pacca sulla spalla non serve – dice Massimo – a me servono interventi mirati, concreti che risolvono non solo la mia situazione, ma quella di tutti coloro che vivono un disagio del genere”. Solo parole dunque, e basta. C’è un merito però che Massimo riconosce all’ex assessore Pentassuglia, ovvero quello dell’approvazione della delibera 158, dove ci sono degli interventi in risposta a tante riunioni tenute col gruppo delle malattie rare “Amare Puglia”, “Abbiamo avuto delle risposte, ma ne mancano ancora molte altre”.
“La politica è inesistente, badano solo ai loro interessi e lo vediamo anche con quello che viene fatto a danno dei cittadini, addirittura mi tassano la pensione di mia figlia, io non prendo gli assegni familiari delle bambine, perché il mio stipendio con quello di mia moglie si accumulano, e siamo ricchi – spiega Massimo – Però non si tiene presente di quanto mi costa Serena ogni mese, di quante volte io mi sposto in giro per l’Italia, e di quanto io possa spendere, anche per i prodotti che di certo non mi vengono forniti dalle istituzioni. Tutti i prodotti omeopatici e fitoterapici sono a nostro carico. Questa purtroppo è la situazione in cui versa, e voglio usare questo termine, l’andicappato in Italia. Non il diversamente abile, perché sono solo parole. Andicappato e basta – e continua – Noi siamo il popolo degli inascoltati perché siamo totalmente invisibili. Il mondo è fatto per i normodotati, non per i disabili. Ci devono ascoltare e che mettano dei fondi a disposizione per la ricerca, per la contribuzione”.
Massimo punta sull’informazione e sull’alta formazione. Perché la disabilità bisogna comprenderla per affrontarla al meglio. Bisogna comprenderla a livello sanitario, nelle scuole. Scuole che a dire di Massimo non sono ancora pronte, mancano di coordinamento. E lui si sta impegnando in tal senso con la sua associazione “Vite da colorare”, proprio a fare formazione nelle scuole. La disabilità esiste, e gli altri siamo noi tutti. Serena oggi ha 8 anni, è circondata dal grande amore di mamma, papà e la sorella maggiore, Alessandra di 11 anni. Alessandra da grande vuole diventare una neuropsichiatra infantile, ha sviluppato una grande sensibilità verso i diversamente abili, rendendo la disabilità di sua sorella una parte integrante della sua “normalità”, della sua routine quotidiana. Il sorriso di Serena è il sorriso di Alessandra, di suo padre e di sua madre, che per quanto possa sembrare banale (ma non lo è), ha sentito da Serena la parola “mamma” l’1 ottobre 2013, appena due anni fa. Questa storia, questa lunga storia doveva essere raccontata. Affinché si possa costruire sempre meglio, affinché l’informazione possa fare il suo corso e aiutare le tante altre famiglie in difficoltà e alle prese con situazioni del genere. E non nascondiamolo, anche per dire ai nostri cari politici che un giorno, la pacca sulla spalla, potrebbe fare male anche a loro. Lo stesso male che ha fatto a questa famiglia. Ignorata e inascoltata. Serena non vede, non parla, non cammina. Serena però esiste, e quando le sfiori il capo, o le tocchi il nasino, Serena sorride.